lunedì 19 ottobre 2015

Recensione di Kiku-San La moglie giapponese di Pierre Loti



Pierre Loti, pseudonimo di Louis Marie Julien Viaud (Rochefort, 14 gennaio 1850 – Hendaye, 10 giugno 1923), è stato uno scrittore francese, membro dell'Académie française. Loti vivrà una vita avventurosa che lo porterà a girare per il mondo. Nel 1885 Pierre si trova bordo della nave da guerra "Trionphante". Salpata dall'isola di Formosa la nave necessita di alcune riparazioni che la fanno approdare a Nagasaki, dove si fermerà per 36 giorni (in un Giappone appena uscito dall'epoca dello shogunato Tokugawa). In quei giorni di sosta Loti deciderà di prendere una moglie giapponese per un limitato periodo di tempo in cambio di una certa quantità di denaro (Quindi qualcosa di simile ad una Etera piuttosto che una moglie nel nostro senso occidentale). Da queste vicissitudini nascerà nel 1887 il romanzo qui trattato (qui la scheda dell'editore).



Il romanzo (anche se sarebbe meglio dire diario, visto che le vicende sono divise per giorni e sono presenti principalmente i discorsi e i pensieri dell'autore) parla della volontà del protagonista di prendere come era in uso a quel tempo di una graziosa moglie giapponese per avere compagnia e supporto durante il periodo in cui ci si trovava in Giappone. Dopo una scelta frettolosa deciderà di prendere come moglie  Kiku-san o Crisantemo (da lui chiamata anche musmè). Ma l'illusione che aveva portato Pierre a cercare moglie dura solo un battito di ciglia, giusto il tempo di vedere la propria "moglie" contare il denaro della transazione (che il protagonista vedrà come una vera e propria offesa alla sua persona). Le speranze del protagonista di comprendere il Giappone attraverso l'aiuto di Kiku-san, vanno scemando sempre più  un senso di vuoto e noia che si fa sempre più pressante. Tutto diventa allora bizzarro, assurdo, incomprensibile; Pierre diventa spettatore di un mondo di cui si sente rifiutato e di cui attraverso la propria visione occidentale non può che arrivare ad disprezzare o a rifiutare. Si riduce a descrivere  gli ambienti minimali dove vive, le pareti di carta che disprezza perché vuote mentre di contro i piccoli oggetti sono finemente lavorati, nelle quali il vuoto e la spartanità sono imperativi che imprigionano. Anche se di contro le simpatie che la "moglie" prova per Yves fanno scattare in lui ilari gelosie (Quasi da commedia italiana), con l'autore pronto a far ragionare l'amico infedele. Pierre diventa vittima del suo stesso sogno, di quel Giappone sentito nei racconti degli amici e dei loro souvenir (fatti di piccole donne deliziose dal lungo collo e dal paesaggio alieno). La stessa Nagasaki confonde lo spettatore straniero, con la sua vitalità aliena, in cui manca gli spazzi cari delle città occidentali in cui si vive la vita comunitaria, ma allo stesso tempo famigliare con i suoi porti e luoghi vicini che stanno subendo una rapida occidentalizzazione (con tanto di bar che cantano gli inni francesi o inglesi o negozi forniti degli ultimi modelli occidentali). La vita degli abitanti diventa quindi buffa, fatta di continui inchini e descrizioni fisiche negative (solo le donne di alta classe e i bambini sembrano salvarsi da una gioiosa bruttezza), l'unica abitante del Giappone che susciti le sue simpatie è un vetturino, parente della moglie (quindi considerato anche suo), che con la sua semplicità d'anima ne diventerà il preferito.  Anche lo stesso rapporto con Crisantemo viene vissuto come artificiale, tutto rinchiuso in gesti di cortesia artificiale, senza le premure che l'amore possono dare. Pierre sembra vivere tra l'illusione affettiva e la "commerciale" realtà da cui non riesce a liberarsi (anche se ci si chiede come il protagonista sperasse di ottenere sentimenti d'affetto da una persona presa quasi come un'oggetto).

 Tzvetan Todorov, teorico della letteratura e saggista, nel suo libro Noi e gli altri dedica un piccolo saggio a Madame Chrysanthème e, a proposito della relazione tra Pierre Loti e la sua musmè, sottolinea qualcosa di notevole: “Le due fasi di questa relazione – l’incomprensibile infatuazione per la straniera e il suo abbandono finale – rispecchiano esattamente l’ambivalenza dell’esotismo di Loti: l’uomo europeo è attirato e sedotto, ma ritorna invariabilmente a casa sua; vince così su due fronti: ha il beneficio dell’esperienza esotica (una donna e un paese stranieri) senza mai mettere veramente in discussione la sua appartenenza, né la sua identità”. tratto dalla prefazione di Francesca Scotti presente all'interno del libro. 


Pierre, Kiku-San (o  Crisantemo) e l'Amico Yves

Ho letto piacevolmente questo libro, non tanto per il profilo storico (praticamente nullo) ma perché permette di avere uno squarcio del Giappone che fu e della sua evoluzione che stava subendo in quel momento, e di cosa ne pensasse un visitatore occidentale senza nessun filtro attuale (di fatti oggi molti comportamenti di Lotti sarebbero considerati razzisti). Sicuramente per certi aspetti si potrebbe ricollegare a quella visione da sogno che molti di noi attraverso i media più disparati hanno del Giappone o di altri paesi esteri, ma che non sempre corrisponde alla realtà dei fatti quotidiani. In definitiva non essendo una lettura facile, ne tanto meno pregna di elementi storici perlomeno interessanti ne consiglio la lettura solo a coloro che voglio avere una visione diversa del Giappone.

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